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Channel: Recensioni – i grandi classici
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La Parigi segreta di un Simenon inedito

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Georges Simenon, Dietro le quinte della polizia, Adelphi, 2022.

Quai Des Orfèvres. Un indirizzo magico per gli appassionati di gialli. Un nome che evoca istantaneamente l’ispettore Maigret, magari intento a varcare il portone della celebre sede della polizia parigina al numero 36. In questo libro non è così: il commissario è a riposo, a fumare la sua pipa; entra in scena lo scrittore in persona che abbandona la comoda scrivania di casa per dedicarsi al reportage sul campo. Ovviamente la realtà è diversa dai romanzi e questo Simenon lo afferma in varie occasioni. “La verità non sembra mai vera”, esclama nelle Memorie di Maigret, opportunamente richiamate nella postfazione del volume da Ena Marchi. Pur trattandosi di scritti per la stampa periodica la capacità di dipingere una situazione o replicare un dialogo rimangono le stesse dei noir. La modernità della polizia è l’aspetto che più colpisce Simenon, dalle tecniche della scientifica, all’organizzazione razionale dell’archivio, all’abbigliamento dei poliziotti. “I vignettisti continuano a rappresentare questi ispettori con un paio di baffoni impomatati e una bombetta. Be’, si sbagliano. Alla giudiziaria c’è ancora qualcuno che porta i baffi, ma se ne vedono sempre di meno e ormai nessuno usa la cera. Quanto alla bombetta, il più delle volte è stata rimpiazzata da un cappello floscio. Questo non vuol dire che questi signori siano tutti senza eccezione degli arbitri di eleganza…Si tratta di semplici funzionari, e poi anche parecchi ministri danno prova di una trascuratezza nel vestire molto repubblicana”. Sbirciare il dietro le quinte è un privilegio che Simenon ha colto fino in fondo con questi articoli scritti negli anni Trenta. Ci sono dei lampi che illuminano, come quando definisce la buoncostume come: “la polizia con le scarpe tirate a lucido”.

Simenon offre il meglio di sé quando descrive con pochi tratti un ambiente, una strada, una situazione sociale. Con parole che sembrano pennellate impressioniste lo scrittore ha la capacità, come pochi altri, di precipitarci in qualche arrondissement di periferia o di farci penetrare l’anima nera della vita borghese. La vera Montmartre è questa, non quella dei locali notturni e delle poche centinaia di papponi e mignotte di cui si parla tanto; è la Montmartre dei borghesi, degli impiegati, delle famiglie, ma anche la Montmartre dei vecchietti e delle vecchiette che non hanno più niente, che si fanno investire dal tram perché non ci vedono bene, o che vengono stroncati dal freddo, o che fingono di avere un mancamento per strada per ottenere un posto all’ospizio, e che, quando non ci riescono, finiscono, una mattina, per gettarsi dalla finestra”. In fin dei conti l’essenza del noir può essere anche questa: far arrivare al lettore un mood, la nota di una chanson che vibra sulla Senna e si disperde tra i tetti malinconici di Parigi.


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