Augusto De Angelis è stata la risposta italiana a Simenon. Il suo personaggio, il commissario De Vincenzi è il primo eroe di questo genere a comparire nel panorama letterario del nostro paese e ha in comune con il transalpino Maigret alcune caratteristiche, non ultima la sua capacità di indagare i delitti scavando nei recessi dell’animo umano. Altra caratteristica comune è questa tappezzeria jazz che ritroviamo nei locali glamour francesi, come in quelli alla moda della riviera ligure, tra case da gioco e locali notturni. Nel Canotto insanguinato, l’inchiesta porta De Vincenzi dal suo abituale ufficio milanese a Sanremo, per una indagine nella bella società europea che si ritrova in riviera tra le città italiane e quelle che punteggiano la costa Azzurra. Il Commissario in questo intricato caso fatto di furti, omicidi, gelosie, forse spionaggio o droga, deve valicare le frontiere, indagare a Nizza percorrere la costa. De Angelis descrive personaggi realistici e un’Italia poco “eroica”, poco “fascista” a partire dal geniale ed efficiente De Vincenzi, certamente bravo e competente, ma che preferisce indagare con il cervello piuttosto che con la pistola e tratta i sospetti con una cortesia e un savoir faire più che britannici (e di nuovo assolutamente non fascisti). Le sue indagini in riviera lo conducono nelle case da gioco dove si scommette forte alla roulette e imperversano il baccarà e lo chemin de fer, dove dove donne fatali sorseggiano strani cocktail vicino a giocatori indolenti e da dove, “dietro pesanti tende di velluto” proviene “il suono di un jazz”. Un plauso a Sellerio per la meritoria opera di valorizzazione di questo scrittore, imprigionato dai fascisti nel ’43 e morto in seguito alle percosse ricevute, che aveva talento da vendere e i cui gialli “se la giocano” alla pari con i migliori esempi europei e americani della metà degli anni Trenta, quando sono stati scritti.
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